(italiatv) Come è evoluta la narrazione negli ultimi anni? Tra ipnotici scrolling veloci e intelligenza artificiale, viviamo in un “content continuum”, un flusso dove siamo costantemente sotto assedio video-fotografico, con i contenuti di ogni genere e forma in continua competizione. Pensiamo ad un minuto su Instagram o TikTok, e soffermiamoci sulla tempesta di informazioni e segnali, spesso aggressivi, ai quali ci sottoponiamo. E cosa resta di quel minuto? Per lo più soffi di vita nel vento.
E’ chiaro a tutti da tempo che in questo fare la narrazione è diventata un asset strategico, la chiave per la crescita di azienda e brand, perché il contesto nel quale opera è “l’attenzione” la merce più rara e preziosa.
Il sociologo Andrea Fontana in “Storytelling d’impresa”, edito da Hoepli, sostiene che lo storytelling serve per creare significati che creano a loro volta legami. In una parola: story-driven content. Legami con il pubblico, legami le comunità. Legami di vita. Lo storytelling non è una tecnica (di narrazione): “Non c’entrano nulla la disciplina o l’approccio. Lo storytelling è una modalità diversa con cui le persone si relazionano le une alle altre e attraverso la quale si coinvolgono. Poi diventa approccio e tecnica.
Quindi lo storytelling non va interpretato come una “cronaca di eventi” quanto piuttosto come una modalità di stimolazione emotiva, che sappia “aprire” il destinatario della comunicazione, riesca a imprimere (messaggio o informazione) e si curi di fissare il contenuto.
Se per il mass market conta il numero di follower e commenti ai post, per lo storytelling conta la capacità di stimolazione emotiva, la quale è più difficile misurare, ma è caratterizzata dall’efficacia, mentre nelle modalità di massa domina l’effimero.
Lo storytelling conta sulle emozioni: sono le emozioni che devono arrivare dritte a pancia e cuore e che svolgono anche la funzione “tecnica della comunicazione” di apertura e fissaggio dei messaggi. Le informazioni, i messaggi, arrivano quando “la scena è pronta”, quando il destinatario è stato stimolato, “acceso”; e restano se associate ad un’emozione.
Sempre Fontana: “Ogni individuo, società, organizzazione, prodotto ha le sue storie. Le sue narrazioni fondanti. Queste forniscono senso e destinazione alla vita, al lavoro o al consumo. Cosa sarebbe uno yogurt se non fosse posizionato in un certo modo nel mercato? Un semplice prodotto naturale. Invece può diventare: “naturalità”, “gusto”, “sensualità”, innalzamento delle “difese immunitarie”, etc. etc.
Noi impariamo perché ci emozioniamo: se non ci emozionassimo non riusciremmo a trattenere nessuna informazione e conoscenza. Le emozioni sono il punto di partenza di ogni conoscenza, ma proprio per questo chi è in grado di manipolarle (in senso negativo) o come gestirle (in senso positivo) può fare o un grave danno o un grande servigio”.