(italiatv) – La dichiarazione di Mark Zuckemberg di ieri è un segnale politico molto forte; il segnale è nella scelta del tempo, oltre che del contenuto. Quel sostegno che c’è stato (pubblicamente) della Silicon Valley ai DEM 4 anni fa, beh… quest’anno è tutto in discussione. Non è (ancora?) uno schieramento quello di Zack, ma poco ci manca.
L’AD di Meta ha dichiarato di essersi pentito di aver ceduto alle pressioni che gli sono state fatte dall’amministrazione Biden: “Nel 2021, alti funzionari dell’amministrazione Biden, compresa la Casa Bianca, hanno ripetutamente sollecitato i nostri team per mesi affinché censurassero alcuni contenuti sul Covid-19, tra cui l’umorismo e la satira, e hanno espresso molta frustrazione nei confronti dei nostri team quando non eravamo d’accordo”, ha scritto Zuckerberg in una lettera inviata ieri a Jim Jordan, capo della commissione giudiziaria della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti. “Credo che le pressioni del governo fossero sbagliate e mi rammarico che non siamo stati più espliciti al riguardo. Penso anche che abbiamo fatto delle scelte che, con il senno di poi e con le nuove informazioni, oggi non faremmo”, ha aggiunto.
Blanchard de Il Marchese del Grillo direbbe: “Et voilà la difference, mon ami”. La differenza è quella rispetto a Pavel Durov, mr. Telegram in stato di fermo a Parigi: Telegram, al contrario di Facebook, Instagram e Whapp, non ha mai collaborato in nessun modo con le Autorità. Collaborazione (parziale) che ha concesso anche Alphabet (Google, Gmail, YouTube…).
Oggi la Francia deciderà se formalizzare le accuse prolungando anche la detenzione di Durov, o se rilascerà il golden boy russo-franco-emiratino (ha diversi passaporti; regolari).